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SECONDO 8|3 no fu padrone, si afferma anche dal Giovio; e lo stesso Giasone, nel sopraccennato consulto citato dal Panciroli, racconta che non sì tosto fu quegli signor di Milano, che gli fece dono del castello di Pioppera, concedendoglielo in feudo con più altri privilegi, a patto però, che, finchè fosse sano, continuasse nella sua scuola. Ma (quando Lodovico il Moro scese di nuovo nel 1500 in Italia, i ministri del re gli tolsero il feudo, ed egli dopo essersi inutilmente adoperato per riaverlo, e dopo aver in ciò spesi, come egli stesso dice, 150 fiorini, non giunse mai a cavar pur un soldo da quel suo feudo. Il re che avea udito lodar Giasone come il più famoso giureconsulto che allor vivesse in Italia, volle una volta udirlo, e recatosi con nobilissimo seguito , tra cui contenevansi cinque cardinali, alla università, Giasone dal re sommamente onorato, e vestito nobilissimamente, recitò innanzi a lui una sua prolusione. Allo scender ch’ei fece dalla sua cattedra, il re abbracciollo, e con lui trattenendosi in famigliare conversazione, gli chiese fra le altre cose perchè non avesse menata moglie. A cui Giasone, acciocchè Giulio II, rispose, per testimonianza di V ostia Maestà possa sapere eh1 io non son indegno del cappello di cardinale. Era il Giovio stesso presente a questo colloquio, com’egli racconta. Ma Giasone non ebbe il piacere di veder soddisfatte le ambiziose sue brame. Ciò accadde, come narra lo stesso Giovio, quando quel re dopo aver soggiocata Genova , cioè l’an 1507, passò in Lombardia. Egli continuò in quella cattedra , secondo il