Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/196

838 LIBRO avventato con un pugnale alla gola a colui cui avea consegnato il denaro, lo inducesse ben presto a renderglielo. Tutte le quali cose, ed altre ad esse somiglianti, che dal Panciroli e da altri scrittori si raccontano, di qual fede sien degne, io non ardisco deciderlo. Abbiam di lui alle stampe e Consigli e comenti sul Codice e sul Digesto, e le Regole del Diritto, ed altre opere somiglianti, delle quali si può vedere il catalogo presso i raccoglitori delle Biblioteche giuridiche, ma non presso il Fabricio che non ne fa alcuna menzione. Alcuni scrittori più recenti ne parlano con disprezzo; e certo appena vi ha al presente chi ne degni di un guardo le opere. Ma allora il saper del Soccino sembrò prodigioso , e ne è pruova f impegno delle università in chiamarlo e in ritenerlo, e gli elogi con cui ne parlano gli scrittori di que’ tempi. Vaglia per tutti Angiolo Poliziano, il quale parlando della correzione, a cui allora pensava, delle Pandette, così scrive: Erit opus omnino Bartolomaei Sozzini Senensis Doctoris exellentis, imo vero plane singularis, opera nobis et consilio. Quem equidem Papinianum alterum videor audacter posse appellare saeculo nostro (l. 5, ep. ult.).

XXXVI. Da Bartolommeo Soccino non dee andare disgiunto Giason dal Maino, che, come abbiam detto, gli fu competitore e rivale, e a lui infatti lo congiunge anche il Panciroli (c. 127), il quale di esso ancora ragiona assai lungamente, ma con lasciarci più volte dubbiosi qual fede debbasi a ciò ch’ei ne racconta. Migliori notizie sperava io di raccoglierne dall1 Argelati; ma