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834 LIBRO narrata la prigionia del Soccino, aggiugne eh1 ci non ne fu liberato, se non col dar sicurtà; nec inde liberatili, ni si datis vadibus (Vita Laur. Med. p. 46). Quindi tutte le altre particolarità che il! Panciroli racconta, io dubito che non abbian bastevole fondamento, e quella singolarmente che alcuni fossero di parere che il Soccino dovess’esser condannato a morte. Ciò che è certo. si è ch’ei tornossene alla sua cattedra in Pisa. Il Panciroli afferma che tre anni dopo Bartolommeo passò a Bologna. Ma prima, secondo gli Annali dell1 Allegretti, a’ 9 di ottobre dell’an 1492 egli andò insieme con altri ambasciadore della sua patria a Roma al nuovo pontefice Alessandro VI (p. 826). E allora avvenne ciò di che ci ha lasciata memoria Rafaello Volterrano, cioè ch’egli venuto innanzi al pontefice, e volendo esporre in un’orazione la sua ambasciata, mancatagli sul cominciar la memoria, non potè proferirne più oltre una sola parola (Comm. Urbana, l. 34 de Memor.). Se crediamo al Panciroli, quell’orazione eragli stata dettata da Angiolo Poliziano; e la stessa sventura accadde al Soccino essendo stato invitato da’ suoi concittadini al novello doge di Venezia Agostino Barbarigo eletto a quella dignità nel 1486. Che poi il Soccino dopo l’ambasciata al pontefice tornasse a Pisa, ne abbiamo un autentico documento in un decreto della Repubblica fiorentina de’ 20 novembre del 1493, che dal Fabbrucci si riporta distesamente, in cui si ordina che per dar pruova al Soccino della riconoscenza che per lui conserva quella Repubblica, atteso l’onore che per quasi