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contra filium Marium (De Doctr. promiscua, c. 28); ma non sappiamo su qual argomento si aggirassero esse, Un’altra opera scrisse il Marzio, mentre stava alla corte del re Mattia, e a lui dedicolla, intitolata De incognitis vulgo. Essa non è mai stata data alle stampe, ma se ne ha la copia nelle biblioteche del re di Francia (Codd. Mss. Bibl. reg. paris. t. 4, p. 256, cod. 6563) e del re di Sardegna (Bibl. taurin. t. 2, p. 357). Gli editori del catalogo di questa seconda biblioteca avvertono che in quest’opera si tratta di molte quistioni teologiche, e che vi si veggono aggiunte in margine alcune note, in cui o il copiatore, o chiunque altro, riprende il Marzio come sostenitore di eretiche opinioni. Questa opera in fatti fu al suo autore l’origine di quelle vicende di cui egli stesso ci ha lasciata memoria. Apostolo Zeno ha sospettato (Lettere a monsig. Fontan. p. 86, 137) che fosse tutto favoloso ciò che dell’eresie attribuite al Marzio raccontano alcuni recenti scrittori. Ma convien dire ch’ei non abbia veduta l’opera De factis et dictis Matthiae Regis, in cui lo stesso Marzio ne parla; e il silenzio del Merula, su cui il Zeno si fonda, è troppo debole argomento a negarlo; poichè il fatto accadde, come vedremo, qualche tempo dopo la pubblicazion della critica da lui scritta contro i libri de Homine. Veggiam prima come si narri la cosa dallo stesso Marzio, e ne confronteremo poscia il racconto con ciò che altri ne dicono.


Sue diverse vicende. XXIX. Parla egli (De dict. et fact. Math. reg. c. 27) di Giovanni Vitez parente dell’arcivescovo