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4». LIBRO por un tacuino di molti anni, che questi aveagli offerto. E più altre pruove dovrem vederne nel decorso di questa Storia. La fama della liberalità di Borso verso gli uomini dotti essendo giunta agli orecchio di Francesco Filelfo, che volentieri dava occasione ai principi d’esercitarla , scrisse a Lodovico Casella riferendario di Borso, perchè da lui gli ottenesse un dono di duecento scudi d1 oro necessarii, diceva egli, a compier la dote d1 una sua figlia (l. 13, ep. e un’altra lettera da lui scritta poco appresso allo stesso Casella (ib. ep. 17) mi fa credere ch’egli ottenesse ciò che bramava. Ebbe poi occasione il Filelfo nel viaggio che fece a Roma nel 1459, di passar per Ferrara, e di presentarsi a Borso, e scrive egli stesso (l. 15, cp./\(j) che fu da lui accolto con somma bontà, e onorato di splendidi donativi. E in fatti la città di Ferrara a’ tempi del duca Borso era il comun centro, per così dire, de’ dotti, che colà accorrevano , ove sperar poteano ricompense e onori ('). Vaglia per molte pruove la prefazione (*) 11 dura TWso, come (qui si è dimostrato, fu splendido protettore dei; dotti al pari del suo fratel Leonello, ma non gli fu uguale nel coltivare le lettere. Anzi, come si è osservato in questo Giornale di Modena coll’autorità di uno scrittore di que’ tempi, che era al servigio di esso (t. 13.p. 179, ec.), ei non intendeva il latino. Ciò non ostante a\ea Morso una cotal sua naturale eloquenza, che Lodovico Carbone nell’orazion funebre che in onor di esso recitò in Ferrara, e che conservasi ms. presso il ch. sig. d). Jacopo Morelli, afferma, forse però con qualche esagerazione, di aver quasi profittato più da’ ragionamenti di Borso che dalla lettura di tulle le opere di Cicerone j In Iijròio