Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/437

SECONDO 421 di un Lene troppo dubbioso ed incerto, e conchiude con queste parole,, che ben dimostrano qual fosse il concetto in cui esso era in tutta 1 Italia: Quod si feceris, hunc sanctum virum praestantissimum Medicum totis Italiae et disertissimum Christi praeconem conservabis, de cujus salute ita sollicitae sunt multae Civitates , apud quas de Regno Dei cum magna gloria disseruit, ut tibi non minus debere fateantur, si Albertum ipsum retinueris, quam si cum tua tabula parentem e medio naufragio ereptum sibi restituisses. Somigliante è Y elogio che ce ne ha lasciato Timoteo Maffei veronese in un suo libro citato dall1 abate Mehus (Vita Ambr. camald. p. 384), ov1 ei confessa fra le altre cose che dalle prediche di Alberto fu indotto ad abbandonare il secolo. Ma se il marchese Leonello, ad istanza del Barbaro, cercò di smuovere Alberto dalla presa risoluzione, ogni sforzo fu inutile. Non era semplice desiderio di predicare agli Infedeli, che conducevalo all’Oriente; ma era una commissione del pontefice Eugenio IV. che due volte mandollo a’ regni orientali, la prima lo stesso anno 1435, la seconda nel 1440 Per concertare il grande affare della riunione di que’ popoli colla Chiesa romana , e a tal fine nel secondo suo viaggio penetrò Alberto fino in Egitto, in Etiopia, in Armenia, per indurre quegli scismatici a intervenire al concilio che celebravasi. E in ciò ebbe Alberto sì felice successo, che fra gli altri il patriarca degli Armeni inviò al sinodo i suoi legati, e quella Chiesa ancora riconciliossi colla