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pniMO 287 nel detto codice; ma ivi in vece conchiude Ciriaco la sua lettera al pontefice con esporre l’idea di un altro ancor più arduo viaggio eli’ ei pensava di fare, cioè di penetrare fin dentro all’Egitto inferiore, e di vedere l’antica città di Tebe, di passar quindi in Etiopia, e poscia di andarsene al tempio di Giove Ammone, e di là fino al monte Atlante, e poi passando per la Libia e per la Getulia tornare in Italia a’ piedi dello stesso pontefice. Il qual passo è stato pur pubblicato dall’abate Mehus, tratto da un codice del canonico Biscioni (praef. ad Vit Ambr. camald. p. 2^). Vili. Prima però di accingersi a questo viaggio, un altro ne intraprese per esaminar di nuovo le antichità italiane; e ad esso appartengono i frammenti pubblicati da monsignor Compagnoni, ne’ quali sono ancor inseriti que’ monumenti che da Ciriaco erano stati veduti nel primo viaggio, e che perciò si producono dallo Scalamonti nella descrizione ch’ei ce ne ha dato. Questo viaggio fu da lui cominciato l'anno 1442? come raccogliesi da alcune lettere in esso inserite (p. 3,4? ec*)? e (h» un’altra del codice trivigiano, scritta da Milano a Bartolommeo Rovarella allora cameriere del papa e poi cardinale. Firenze, Pisa, ov’egli era al principio di agosto , e Volterra sono le prime città che in esso egli nomina, e in quest’ultima città racconta che fu onorevolmente accolto da Gasparo Zacchi, uomo assai dotto, segretario allora del Cardinal Bessarione, e poscia vescovo di Osimo, e aggiugne che i magistrati e i più ragguardevoli cittadini di Volterra lo vennero