Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/205

PRIMO l8f) ili cui, benché non ci abbia lasciata opera di sorte alcuna, giusto è nondimeno che rimanga immortal la memoria ne’ fasti della letteratura italiana. L’ab. Mehus assai lungamente ci ha di lui ragionato nella prefazione alle Lettere di Ambrogio camaldolese, valendosi delle testimonianze di molti scrittori che li furono contemporanei. E due tra essi ne han lasciata più distinta menzione, il Poggio che ne recitò un elogio funebre, il quale si ha alle stampe tra le sue opere (p. 270, ed. Basil. 1538), e Giannozzo Manetti che ne scrisse la Vita pubblicata dal medesimo abate Mehus (praef. ad Ambr: camald. p. 76). Da questi monumenti io sceglierò in breve le notizie più importanti, e che ci posson dare una giusta idea de’ meriti del Niccoli verso le lettere. Niccolò, figlio di Bartolommeo Niccoli mercante di professione, per secondare i comandi del padre fu costretto ad attendere per alcuni anni al traffico, e a sopprimere l’inclinazione che sortita avea dalla natura a’ buoni studj. Ma non sì tosto potè oprare a suo talento, che abbandonata la mercatura , tutto in essi s’immerse. La conversazione famigliare con Luigi Marsigli , dottissimo Agostiniano da noi mentovato nel precedente tomo, gli fu di grande ajuto, e in questo modo si strinse ancora in amicizia co’ più eruditi uomini clic erano allora in Firenze, i quali accorrevano tutti ad udire quel valentuomo, clic era f oracolo della letteratura. E tanto fu f impegno con cui il Niccoli si volse allora a coltivare principalmente la lingua latina , che recossi a Padova solo a fine di copiar tutte le