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iGa libuo tardo per la pinguedine, era atto a tutt’altro che a congiurare (*). Ciò non ostante il Platina fu chiuso in carcere; e benchè si scoprisse tosto che la congiura del Tozzi non era che un sogno , quella però degli Accademici si credette certa, e il pontefice ordinò che fosser posti alla tortura. La descrizione che ci fa il Platina della maniera con cui fu trattato egli e i suoi compagni (fra’ quali nomina Lucido , Marso Demetrio e Agostino Campano giovine di egregie speranze, il qual poco appresso forse pe’ tormenti sofferti finì di vivere) è assai somigliante a quella con cui Cicerone dipinge il crudelissimo Verre nell’atto di tormentare gP infelici Siciliani ingiustamente accusati. In due giorni furono venti i sottoposti alla tortura, a cui fu sottoposto lo stesso Platina. Mentre era fra i tormenti, fu interrogato, qual parte avesse avuta nella congiura di Callimaco; per qual ragione Pomponio Leto, che allora era in Venezia, gli avesse in una lettera dato il nome di santissimo Padre, come se con ciò scoperto avesse il disegno di farlo papa; e se avesse mai scritto ad alcun sovrano, per eccitar nella Chiesa uno scisma. Rispose il Platina, che lungi dall’entrar con Callimaco in alcuna congiura, egli anzi (*) D.illf lettere dal Platina scritte in tempo della sua prigionia, e date non ha molto alla luce dal Padre M. \ airani domenicano (Cremon. Monun$. pan i , p. 3o, ec.), si raccoglie che veramente a Callimaco sfuggirono un giorno certe parole che sembravano minacciar ribellione, e che il Platina le udì; ma che avendolo in conto di puz/o e di ubbriaco, non si creile Ile tenuto a denunciarlo come reo.