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TERZO po5 codice della Riccardiana , citato dal detto abate Mehus (ib. p. 203), ma dal sepolcro medesimo di Giovanni, che vedesi nel Duomo di Milano, ove è scolpito l’elogio, e al fin di esso queste parole: D. Gabrius de Zamoriis de Parma Doctor composuit haec carmina (Argel. Bibl. Script. medioL t. 2 , pars 1, p. 1611). Finalmente fra le lettere scritte in versi del Petrarca, una ne abbiamo a un Andrea poeta mantovano (Carm. l. 2, ep. 26), intorno al quale però nuli’altro raccogliamo da essa, se non che egli era grande ammiratore del Petrarca, e che sdegnavasi all’udire alcuni, i quali ne parlavan con disprezzo. XV. Due altri poeti ebbe verso la fine di questo secolo la città di Firenze, i quali, benchè vivessero in tempo a poter conoscere il Petrarca, non troviamo però, che con lui avessero relazione alcuna. Il primo fu Francesco figliuol di Jacopo pittore, e della famiglia de’ Landini , come affermano costantemente gli scrittori fiorentini, e come confermasi da Cristoforo Landino celebre comentatore di Dante nel secolo xv, il quale in lode di Francesco scrisse un’elegia pubblicata in parte dal dottor Lami (Novelle letter. 1748, p. 363, ec.) e dal canonico Bandini (Specimen Litterat. florent. pars 1, p 37). Filippo Villani, che ne ha scritta la Vita (Vile d ili. Fiorcnt. p. 78 , ec.), narra eli1 ei perdette la vista in occasion del vaiuolo eli’ ebbe in età fanciullesca. Udiamo ciò ch’ei ne racconta, secondo la traduzion italiana pubblicatane dal co. Mazzucchelli: Questi al tempo della sua fanciullezza da subito morbo