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terzo 8y3 quae tunc juvenis notior jam famosiorque quam vellem, curis postea multis ac gravibus pressa consenuit; e aggiugne che soli trentaquallro versi aveane ei confidati, l’an 1343, a Barbato da cui erano stati renduti pubblici più eh* ei 11011 avrebbe voluto. Quindi, poichè ei fu morto , incredibile fu la sollecitudine dei più dotti uomini di quel tempo, perchè essa non perisse. L* ab. Mcliiis ha pubblicata una lettera del Boccaccio (l. ciL p. 203, ec.) a Francesco da Brossano genero ed erede del Petrarca, in cui gli chiede che sia avvenuto dell’Africa, e se sia vero ciò di che correa voce, eh* ella fosse stata consegnata ad alcuni perchè prima di pubblicarla la rivedessero e la correggessero, nel che, egli dice, non so se debba più ammirar T ignoranza di chi ha dato tal ordine, o la temerità di chi l’ha accettato. Nella stessa maniera scrivea Coluccio Salutato a Benvenuto da Imola (Epist. t 2, ep. 3, 5) e al suddetto Francesco (ib. ep. 6, 17), a cui ancora rendette grazie di una copia che aveagliene mandata , dolendosi però al medesimo tempo, che gli avesse vietato ciò eh* ei pensava di fare, cioè d’inviarne una copia all* università di Bologna , una a Parigi, una in Inghilterra, e di porne un’altra in qualche pubblico ed onorevol luogo in Firenze. Deesi dunque considerare l’Africa del Petrarca come un poema a cui T autore non potè porre l’ultima mano, come 1* Eneide di Virgilio. Le Egloghe e le Epistole in versi si dee credere che fossero con più diligenza rivedute dal Petrarca. Nè esse perciò sono un troppo perfetto modello di poesia