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876 libro



Poesie di Dante e di Giovanni di Virgilio II. Dante Alighieri, che fu il primo a sollevare la poesia italiana a quello splendore di cui non avea finallora goduto, fu il primo ancora che si accingesse a richiamare, come meglio poteva, la poesia latina all’antica eleganza. Due egloghe latine ne abbiamo (Carm. ill. Poet. Flor. 1719, t. 1, p. 115), stampate però con poca esattezza, le quali, benchè sieno di gran lunga discoste dalla grazia dello stil di Virgilio, mostrano nondimeno lo sforzo non del tutto infelice di Dante nel tenergli dietro. Esse sono indirizzate a Giovanni di Virgilio poeta bolognese, da noi mentovato altra volta, grande amico di Dante, nella cui morte ei compose un elogio in versi, che da molti scrittori si riferisce, e più esattamente dal sig. Giuseppe Pelli (Mem. della Vita di Dante, p. 102). Dello stesso Giovanni abbiamo ancora alcune egloghe latine (Carm. ill. Poet. t. ii, p. 365, ec.); in una delle quali esorta Dante a venire a prendere la laurea in Bologna; in un’altra con lui si lagna perchè coltiva la lingua italiana più che la latina (V. Mehus, Vita Ambr. camald. p. 230, 234). Un’altra ancora ne abbiamo da lui scritta ad Albertino Mussato, a cui vedesi ch’egli era stretto in amicizia. Nel titol di essa però egli è detto cesenate: Magistri Johannis de Virgilio de Cesena. Il che se voglia indicarci che egli era veramente natìo di Cesena, e non di Bologna, ovver solo ch’egli abitasse nella prima città, e ottenuta ne avesse la cittadinanza, non saprei dirlo. Certo i Bolognesi, e singolarmente l’Orlandi (Scritt. bologn. p. 148),