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TERZO 807 e che è stata pubblicata dall’ab. de Sade (t 3, p. 559). Era allora il Petrarca passato a Padova, mosso probabilmente dalle truppe straniere che davano il guasto alla Lombardia, e dalla peste che in quest’anno vi menò di nuovo grandissima strage, e questo fu poscia il suo ordinario soggiorno, non ostanti i replicati inviti ch’egli ebbe a recarsi altrove. Innocenzo VI, nello stesso anno 1361, gli offrì l’impiego di segretario apostolico, già da lui ricusato altre volte, e abbiamo ancora la lettera ch’egli scrisse al Cardinal di Taleirand (Senil l. 1, ep. 3), in cui, dopo avergli detto ch’egli non potea a meno di non istupirsi che un papa, il quale erasi ostinato a crederlo mago, lo giudicasse ora degno di occupare tal carica, gli adduce poi le ragioni per cui non potea accettarla. Ebbe egli nello stesso anno pressanti inviti dal re di Francia Giovanni che, avendolo in altissima stima, desiderava di averlo alla sua corte. Ma ad essi ancora ei seppe resistere con fermezza (ib. ep. 1). In questo tempo medesimo nondimeno erasi il Petrarca determinato a tornare a Valchiusa, cui erano ormai dieci anni, com’egli stesso dice (ib. ep. 2), che avea abbandonata; e già era perciò venuto da Padova a Milano. Ma le truppe armate che infestavano i passi , gliene fecer deporre il pensiero, e per questa ragion medesima ei non potè eseguire il disegno che avea formato di recarsi alla corte dell’imperator Carlo che avealo premurosamente invitato, e per cui erasi già posto in viaggio tornando da Milano e Padova. La peste che, l’anno 1362, travagliò di nuovo l’Italia, il condusse, come a