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766 lìmo Calderiuo c Bartolommeo d’Ossa; poichè i due primi non tennero giammai scuola fuori d’Italia, e Bartolommeo fu professore, per quanto credesi , non in Bologna , ma in Montpellier, Ma noi abbiam già osservato che anche Cino e Bartolommeo probabilmente non ebber mai a loro scolaro il Petrarca} e io credo inoltre eli’ ei noiì avesse a maestro alcuno degli altri due professori, perciocchè essi erano interpreti del Diritto canonico , ed egli dice bensì di avere studiato il Diritto civile, ma del canonico non fa mai motto; e io non trovo che il solo Domenico d’Arezzo, che dica avere il Petrarca anche a questo studio rivolta la mente (Mehus l. cit. p. ij)7). Questi, come abbiamo udito da lui medesimo, era naturalmente avverso a cotali studj, e tutto il tempo, di cui potea a suo talento disporre , da lui impiegavasi nella lettura di Cicerone, di Virgilio e di altri antichi scrittori di belle lettere. Al qual proposito leggiadro è il fatto ch’egli stesso racconta (Senil. l. 15, ep. 1), e che con piccola diversità narrasi ancor dal Villani (Mehus, l. cit. p. i})6). Petracco, che avrebbe ad ogni modo voluto che suo figliuolo divenisse un solenne dottore, avendo saputo ch’egli in vece del Codice avea di continuo in mano oratori e poeti, entratogli un giorno in camera all’improvviso} e cercatala per ogni parte, e trovati finalmente in un angolo alcuni di cotai libri da lui odiati, presili con dispetto , gii togli al fuoco. Francesco a tal vista non potè rattenersi dal gemere amaramente} e il padre mossone a compassione, e tratti dalle fiamme due di que’ libri già mezzo arsi, cioè