Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/259

TERZO 7G3 uno de1 più grand’ nomini , di cui ella possa vantarsi. Essa potrà mostrare più uomini quali in una, quali in altra scienza più dotti di lui, ma niuno ne potrà, io credo, mostrare a cui a più giusta ragione convenga il titolo di ristoratore e di padre dell’italiana letteratura. Le cose che qua e là ne abbiamo già dette nel decorso di questo tomo, ne sono chiarissima pruova. Spero pertanto di far cosa non dispiacevole a’ miei lettori, se intorno alla vita di questo grand’uomo io mi estenderò forse più che non abbia mai fatto su quella di alcun altro. La Storia che ne ha scritta l’ab. de Sade, e di cui ho a lungo parlato nella prefazione di questo tomo, mi servirà comunemente di scorta, trattone quando mi avvenga di aver ragione, a mio parere valevole, per discostarmene; e talvolta ancora introdurrò a parlare lo stesso Petrarca, di cui niuno ha mai esposti con più sincero candore i suoi sentimenti (a). XX. Pietro, detto comunemente Petracco o Petraecolo, notaio di Firenze, ed Eletta Canigiani sua moglie furono i genitori di Francesco, che perciò fu detto dapprima Francesco di Petracco, e poscia Petrarca. Essi sbanditi dalla patria, nell’anno stesso i3o2 in cui erane stato esiliato Dante, si ritirarono in Arezzo , cd ivi (<7) Due scrittori ci han dato di fresco nn nuovo Elogio del Petrarca, il sig. abate Rubbi che lo ha inserito nel tomo dodicesimo della sua raccolta di Elogi italiani, e il sig. abate Bettinelli che lo ha pubblicato colle stampe di Padova l’anno 1786, il quale secondo scrittore singolarmente con molta eloquenza descrive i meriti del Petrarca verso ogni genere di letteratura.