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TERZO 759 si duole dello stremo di povertà, a cui era condotto; ma non ci accenna alcuna particolar circostanza. Alcuni autori hanno asserito oli* ei fosse solennemente coronato in Firenze; ma non se ne adduce pruova; e non sembra al certo che ciò potesse accadere in questa città in cui pare clf ei non avesse stabil soggiorno. Delle canzoni da lui composte parla il sopraccitato co. Mazzucchelli e il dott. Lami (Novelle letter. 1748); il quale ancora nel Catalogo della Riccardiana ne ha pubblicata una che per altro già vedeasi stampata dopo la Bella Mano di Giusto de’ Conti. Ma la più celebre opera da lui composta è quella sopraccennata, in cui egli prese a imitar Dante, e che s’intitola il Dittamondo, ed è divisa in sei libri. Qual ne sia T argomento, già l’abbiamo udito da Filippo Villani; ma essa non è compita, come ognun conosce leggendola, e come pruovasi da qualche codice a penna % citato dal co. Mazzucchelli e dal Quadrio (t. 6, p. 47)* M primo di questi due scrittori, e prima di lui Apostolo Zeno (Diss. voss. t 1 , p. 23), riflettendo a quei versi di Fazio: Carlo il figliuol coronato dapoi Nel mille trecento e cinquantuno E cinque più t e questo regna ancoi. Dittam. l. 2, c. 30. ne inferiscono di’ egli scrivea a’ tempi di Carlo IV. E ciò è certissimo; ma ancora certissimo che Fazio ragiona in diversi passi in sì diversa maniera, che non è possibile il fissare precisamente a qual tempo egli scrivesse il suo Dittamondo. Nel passo or ora recato ei parla