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74u libro p. 333). Ei dedicò il suo Comento al marchese Niccolò II d’Este, da cui dice di essere stato consigliato a distenderlo e a pubblicarlo. Anche in Pisa fu istituita la lettura di Dante, ed essa fu data, circa il 1386, a Francesco di Bartolo da Buti, di cui e del Comento che egli pure scrisse su Dante, e di qualche altra operetta da lui composta, veggasi il co. Mazzucchelli (Scritt. ital t. 2, par. 4? p 2468&) e gli altri scrittori da lui citati. In Venezia ancora leggevasi in questo secolo Dante da Gabriello Squarto veronese, come prova il P. degli Agostini (Scritt venez. t 1 , pref. p. 27). Finalmente nel catalogo, da noi mentovato più volte, de’ professori delf uni versila di Piacenza, all’anno 1399 veggiam assegnato lo stipendio mensuale di L. 5. (6. 8. M. Philippo de Regio legenti Dantem et Auctores (Script. rer. ital. vol. 20, p. 940). Altri al tempo medesimo presero a tradurre Dante in versi latini - e il primo fu Mateo Ronto monaco olivetano, del quale ragioneremo fra’ poeti latini del secol seguente a cui appartiene. Egli è vero però, che tutte queste fatiche, con cui a que’ tempi cercossi di rischiarar Dante, non produsser gran frutto. Invece di occuparsi di rilevarne le bellezze poetiche, in illustrarne i passi più oscuri , in dichiarare le storie che vi si trovano solo accennate, la maggior parte degl’interpreti gittavano il tempo nel ricercarne le allegorie e i misteri. Ogni parola di Dante credeasi che racchiudesse qualche profondo arcano, e perciò i comentatori poneano tutto il loro studio nel penetrar dentro a quella pretesa caligine, e nel ridurre