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TERZO 739 Ei veramente 11011 nomina mai questo poeta, ma, a parere dell’ab. de Sade, parla in tal modo che è evidente che parla di Dante. Ei dunque, rispondendo al Boccaccio che lodato avea questo poeta, gli dice ch’egli è ben giusto eli1 ei si mostri grato a colui ebe è stato la 10 non ardisco ancor di affermare che ivi si parli di Dante, e oltre la ragion presa dall’età di esso e del padre del Petrarca , che non combina con ciò che qui se ne dice, un’altra io ne trovo nella lettera stessa. Da essa raccogliesi! che il Boccaccio soleva vantarsi di aver avuto quel poeta ivi indicato per suo maestro; e le espressioni con cui ciò dal Petrarca si afferma, son tali che sembrano non potersi spiegare abbastanza col dire che il Boccaccio rimiravalo come maestro, perchè sull* opere di esso avea formato il suo stile; ma che si debbano intendere di vero magistero: Inseris nominatim hanc hujus officii tui excusationem, quod ili e libi adolesccntulo primus studio rum dux et prima fax fucrit. Justc quide ni, grate, memoriter, et y ut ita di cani, pie. Si enim genitoribus corporum nostrorum omnia... quid non ingeniorum parentibus ac forma toribus de bea ni us? Quanto min ni e li ut us nobis meriti sunt, qui ani munì nostrum excoluere , quam qui corpus % ec. Or Dante non potè certo esser maestro del Boccaccio; perciocchè questi, nato nel 1313 , passò in Firenze gli anni della sua fanciullezza, e Dante esiliatone fin dal 1302, più non vi pose piede, e inoltre quando Dante morì nel 1321, il Boccaccio non contava che otto anni di età. Per altra parte confesso ancora che non veggo qual altro poeta si possa qui intendere; e nel catalogo degli esuli, lasciatoci dal detto Compagni, non trovo alcuno a cui possano convenir le cose che qui dice il Petrarca. Quindi su questo punto mi è forza restare al buio; e avvertirò solo che essendo sì intralciato ed oscuro il senso di questa lettera, non dovea 1’abate de Sade menar tanto rumore perchè gl’Italiani non ne abbian finora fatto uso.