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TERZO 687 Barbiamo recossi alla corte di Avignone vi conoscesse il Petrarca, che allora probabilmente stavasene nella sua Valchiusa; e sembra anzi verisimile che solo l’anno i’i’ \2 ei facesse con lui conoscenza. * VI. Barlaamo, prima di esser fatto vescovo di Geraci, dovette ritrattare palesemente gli errori de’ Greci, in addietro da lui sostenuti} e, a fare pubblicamente noto il suo ravvedimento, scrisse alcuni libri in difesa della Chiesa latina. Secondo l’Ughelli (l. cit), egli era già morto a’ 4 agosto del 1348, nel qual giorno gli fu dato a successore Simone da Costantinopoli, monaco egli pure basiliano. Nondimeno l’abate de Sade ne differisce la morte fino all’anno 1353 (l. cit p. 77). Ma di questa sua opinione ei non si compiace pur di accennarci una leggera pruova. Del sapere di Barlaamo ci sono un bastevole testimonio gli elogi con cui abbiamo udito favellarne il Petrarca. Domenico di Bandino d’Arezzo il dice diligentissimo ricercatore della greca letteratura, e ottimo interprete delle poetiche favole (ap. Mehus. Vita Ambr. camald p. 219); e con somiglianti encomii ne parla Giannozzo Manetti nelle Vite del Petrarca e del Boccaccio (ib. p. 269). Il Boccaccio ancora, che avealo conosciuto in Napoli, ne parla con somma lode, chiamandolo calabrese, piccolo di statura , ma grandissimo in sapere: talchè ei portava seco attestati di imperadori e principi greci, e di più uomini dotti che affermavano non sol nei tempi presenti, ma ancor da più secoli addietro, non essere stato tra’ Greci alcun altro fornito di sì vasta scienza (Gencal.