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6*4 LIBRO ammalato, e avendo dogato anni 11 e mesi 8 morì a’ 7 di Settembre , e perciò non ebbe il dolore di vedere una troppo più funesta sconfitta che nel novembre di questo anno medesimo ebbero i Veneziani da’ Genovesi a Portolungo (ib. p. 629, ec.). Alla qual battaglia alludendo il Petrarca in una sua lettera (Var. ep 19), Dio volesse, dice, che il Doge Andrea che governava la Repubblica, ancor vivesse; io certo lo pungerei colle mie lettere, e il motteggerei francamente; perciocchè io il conosceva come uom dabbene, incorrotto, amantissimo della Repubblica, dotto inoltre ed eloquente , e prudente e affabile e cortese; ma sol mi dispiaceva eli egli era più avido della guerra, che convenir non sembrasse alla sua indole, e a’ suoi costumi. Somiglianti elogi degli studi e dell’erudizione di Andrea Dandolo fa altre volte il Petrarca e nelle lettere da noi in addietro allegate, e in un’altra (Famil. l. 8, ep. 5) in cui, parlando delle diverse città d’Italia , in cui sarebbe dolce l’aver stanza , Saravvi ancora, dice, Venezia, la più maravigliosa città di quante io n abbia vedute, e ho pur vedute quasi tutte le più illustri di Europa; e il chiarissimo doge di essa Andrea, uomo da nominarsi con sommo rispetto, e celebre non solo per le divise di sì gran dignità, ma per gli studi ancora delle Bell’Arti. Conformi a que’ del Petrarca sono i sentimenti degli altri scrittori di questi e de’ vicini tempi. Io non recherò qui T elogio che di lui ci ha lasciato Benintendi de’ Ravegnani, cancelliere della Repubblica, di cui parleremo fra poco, e che leggesi innanzi alla