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PRIMO I I Parlo del celebre Cola di Rienzo ossia Niccolò di Lorenzo, che nato da padre di profession taverniere, e giunto collo studio all1 impiego di notaio, l’an 1347 prese improvvisamente l’onorevol titolo di Tribuno, e, secondato dal favor popolare, ardì di cacciare i magistrati dal Campidoglio, di esiliare, d’imprigionare, d’uccidere i capi de’ più forti partiti, di citare al suo tribunale T imperadore e il papa, di spedir l’ambasciate a’ principi, e di vantarsi in somma liberator di Roma e riformatore del mondo. La fortuna per qualche tempo gli fu favorevole; molti principi attoniti a sì strepitosi successi T onorarono colle lor lettere e co’ loro ambasciadori, e il Petrarca non potè trattenersi dalT esaltare con somme lodi ed animare ad imprese sempre maggiori questo eroe di teatro. Ma ei non giunse a sostenere la sua dignità e il suo credito sino al terminare di quest’anno medesimo; e nel dicembre costretto a fuggir da Roma, dopo essere stato per qualche tempo nascosto nel regno di Napoli, rifugiossi nella corte di Carlo IV. Clemente VI volle averlo nelle mani, e il tenne per alcuni anni prigione. Nondimeno sotto Innocenzo VI tornato l’an 1354 a Roma, pareva che ricuperato avesse l’antico nome; ma la seconda scena gli fu più fatal della prima; poichè avendo colle sue pazzie irritato il popolo, in un tumulto perciò sollevatosi fu ucciso (a). Chi potrebbe ridire quanti (./) La storia di Cola di Rienzo e de’ torbidi da lui eccitati è stata diligentemente illustrata anche dal conte Antonio Vendettini, patrizio romano , nella erudita sua