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SECONDO becchiana, che e stato pubblicato (lai eh. abate Mehus (praef. ad Vit. Ambr. camald. p. 29), e eh1 io recherò qui colle stesse parole con cui è conceputo, comunque assai rozzo ne sia lo stile. Il Maestro Niccholò fu un huomo divino, huomo profondo di sapienza in ogni facultà etc. e ancora le sue opere dimostrano, e rinfrescono hogni in die la speranza delle chure degli Infermi per la sua dottrina, la quale e compuose \gliosi libri, i quali son Niccholò da Firenze. In tal modo, che in ogni studio ogni Dottore studia in Avicenna et in Galieno o in Ipograso, et molti valenti autori di Medicina, e nella fine istanno allo studio più anni. E dipoi lasciano tutti i libri, e tali autori. Solo si appicchono e portono con loro libri della Pratica del Maestro Niccholò; e che quelli sono alluminati della medicina mostrando perfettamente tutti rimedi. Ove egli studiasse , e se altrove che in Firenze esercitasse, o insegnasse la medicina, non v’ha chi ’l dica. Solo l’ab. Mehus assai diligentemente ha descritti i codici che in Firenze conservansi di alcune opere del Falcucci, avvertendo, fra le altre pose, che l’A nti dota rio, che da alcuni gli si attribuisce, è di un altro Niccolò più antico; nel qual errore è caduto anche il Fabricio (Bibl. med. et inf. Latin, t. 5, p. 111). Alcune delle opere del Falcucci si hanno alle stampe, e il Fabricio le annovera. Alcune conservansi manoscritte nella biblioteca del re di Francia (Cat. Bibl. reg. paris. t. 4, p- 300, Cod. 6982, ec.), ove però in alcuni codici egli è cognominato non Pratica del Maestro