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SECONDO 363 11. Degna, fra le altre, d’essere letta, se pure i medici cel permettono, è una sua lunghissimatt,,uu* II» • n 1 ir* / • • re ,i,‘° M~ lettera al Boccaccio (Senil. l. 5, ep. 4)> ni cui descrive la vanità e la pompa con cui uscivano in pubblico i medici di quella età, con vesti di porpora, con anelli preziosi, con isproni dorati; e scherzando dice che poco vi manca che essi non giungano al solenne onor del trionfo; poichè egli è vero, soggiugne, che pochi vi son tra essi che si possan vantare di aver uccisi cinque mila uomini, quanti se ne richiedevano a ottenere il trionfo, ma ciò che manca al numero, vien dalla qualità compensato, perciocchè allor si uccidevano i nemici, or si uccidono i cittadini; gli uccisori allora erano armati, or sono in toga. Quindi dopo aver proseguito a ridersi delle loro, come ei le chiama, imposture, narra ciò ch’egli stesso avea udito dire da tre medici a que’ tempi assai celebri, uno de’ quali aveagli confessato sinceramente che se cento o mille uomini della stessa età e della medesima complessione fosser sorpresi dalla medesima malattia, e la metà di essi si valesse de’ medici, quali erano a que’ tempi, l’altra si curasse da se medesima, egli credeva di certo che assai più di questi secondi l’avrebbon campata. Un altro interrogato di lui perchè non usasse egli dei cibi che prescriveva agli altri, aveagli risposto che se il viver del medico fosse somigliante a’ suoi consigli, o i suoi consigli al suo vivere, ne perderebbe o la sanità, o il denaro. Il terzo finalmente, di cui dice gran lodi, richiesto da lui medesimo perchè non esercitasse egli ancora la medicina,