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346 LIBRO fatto a somiglianza d’un altro, ma ne parla come di cosa nuovamente trovata; ed è perciò evidente che è quello appunto del Dondi, benchè a’ tempi del Sacco non se ne sapesse l’artefice. Convien ben dire che il ricomporlo che fece quel Francese, nominato dal Savonarola, non producesse che breve e passeggero effetto, poichè il Sacco soggiugne che, morto Gian Galeazzo (cioè più anni dopo), l’orologio si giacque per lungo tempo abbandonato e scomposto; che poscia l’anno 1529 (che così dice il Sacco, e non il 1550, come M. Falconet gli fa dire) esso, così rugginoso e scompaginato com’era, fu recato innanzi a Carlo V, il quale ammiratone il lavoro, cercò per ogni parte artefici che il ricomponessero; ma che riuscendo inutile ogni tentativo, si fece innanzi un cotal Giovanni da Cremona soprannomato Giannello, uomo deforme di aspetto, ma di acuto ingegno, il quale, osservata attentamente la macchina, disse ch’ella potevasi ricomporre; ma che ciò non sarebbe giovato a nulla, essendo i ferri dalla rugine consumati e rosi; e che era meglio il formarne una nuova a somiglianza di essa, e ch’egli di fatto, accintosi al lavoro, il condusse felicemente a fine; e l’impera dorè volle ch’esso insieme coll’artefice fosse condotto in Ispagna. Il Cardano accenna una, com’egli dice, macchina del mondo fatta già da un certo Guglielmo Zelandino (De Subtil. l. 17), poi guasta e sciolta, e finalmente ricomposta da uno ch’egli non nomina, a cui somiglianza aggiunge che un’altra ne fece formar Carlo V. Io non so se egli intenda di