Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/373

336 LIBRO quatuor et vi gin ti Iioraruin spatia sponte sua designarentur, in summa Turri constituendum curavit (ib. vol. 16,p. 171)• Or che questo orologio fosse opera di Jacopo Dondi che allor vivea, ricavasi dall1 iscrizione che ne fu posta al sepolcro, e che, dopo altri, è riferito dal Papadopoli (Hist. Gymm. patav. t. 2, l. 2, c. 2). Ortus eram Patavi Jacobus , terraeque rependo Quod dedit, et calidos cineres brevis occulit urna. Utilis officio patriae , sat cognitus Orbi. Ara Medica (l. medicina) mi hi Caelumque et sidera nosse, Quo nunc corporeo resolutus carcere pergo: Utraque namque meis manet ars ornata libellis. Quin procul excelsae monitus de vertice turris Tempus, et instabiles numero quod colligit horas. Inventum cognosce meum, gratissime lector, Et pacem mihi, vel veniam tacitusque precare. E qui si rifletta che i due storici sopraccitati e la riferita iscrizione parlan bensì di un orologio di 24 ore, ma non vi aggiungono ciò che pur dovea più d’ogni altra cosa osservarsi, cioè la maravigliosa combinazione del movimento de’ pianeti. È egli possibile che un sì bel ritrovato fosse si poco in pregio presso de’ Padovani, che niuno ce ne lasciasse memoria? Per altra parte, noi vedremo tra poco che altri autori contemporanei danno espressamente il vanto dell1 invenzione di una macchina si ingegnosa a Giovanni e non a Jacopo. E a me sembra perciò incontrastabile che a Jacopo si debba al più la lode di aver lavorato un orologio a ruote; che tale certo dovea essere un orologio (di 24 ore posto sulla sommità della torre. Benchè anche questa lode medesima potrebbe