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secondo 333 facilmente (<z). Io penso perciò, che i due autori dal Lenglet nominati non sieno che questo solo, di cui dalle parole recate veggiamo il tempo a cui visse. E veramente molti erano, a questi tempi, perduti dietro a cotali follie. Matteo Griffoni, nella sua Cronaca di Bologna, nomina un cotal Francesco da Forlì che l’anno 1387 fu ivi appiccato, e di lui dice che faciebat Archimiam et multa mala (Script. rer. ital. vol. 18, p. 197); e in un’altra Cronaca si aggiunge ch’egli era falsario di moneta (ib.p. 330). Alchimisti pure erano e Griffolino d’Arezzo e Capoccio fiorentino, de’ quali parla lungamente Benvenuto da Imola narrando la funesta sorte ch’ebbero, arsi vivi amendue (Comm. in Dante, t. 1 Antiq. Ital. p. 1128, ec.). Di questa moltitudine di alchimisti abbiamo una pruova, fra le altre, in un passo del Petrarca, in cui ridesi di costoro, e mostra quanto male essi consumano il tempo, la fatica e il denaro. Noi non veggiamo mai alcun povero che per alchimia divenga ricco; ben veggiam molti ricchi per essa (✓7) Di un Pietro Buono mantovano conservasi nella biblioteca Guarneriana in S. Salvatore in Bologna Esso ha per titolo: Incipit Opusculuni de dottrina virtùtum et fuga vitiorum editimi a Magis tra Bono de Mantua; e comincia: Cum patria propulsus bonis omnibus ezutus , ec. Le quali parole potrebbon farci dubitare eh’ei fosse lo stesso di cui qui ragioniamo, che nato in Mantova, si dicesse perciò lombardo, e passato a Ferrara , si dicesse perciò talvolta ferrarese, e andasse poi a stabilirsi nell’Istria. Ma questa non è che una semplice confettura, e tanto più incerta, quanto meno ci è noto il tempo in cui questo Pietro Buono vivesse.