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SECONDO 331 XXVI. Nè fu sola r astrologia dietro cui andassero gli uomini in questo secolo pazzamente perduti. Si videro molti ancora gettare le lor fatiche intorno all’alchimia; e per soverchia brama di ammassar oro, ridursi allo stremo di povertà. L’ab. Lenglet, che ci ha data la Storia della Filosofia ermetica, in cui, benchè nelle prefazioni dia il nome di sognatori agli alchimisti, nel decorso però si mostra abbastanza persuaso della verità de’ fatti che da essi raccontansi; l’ab. Lenglet, io dico, non dà l’ultimo luogo agl’italiani nel rivolgersi allo studio di quest’arte. E tra’ primi ei nomina S. Tommaso d’Aquino (t. 1, p. 132), le cui parole nondimeno altro non provano finalmente, se non ch’egli non ha creduto impossibile il cambiamento d’altri metalli in oro. Egli aggiugne, che Arnaldo di Villanuova, trovandosi in Napoli verso il 1294, operò innanzi al celebre Raimondo Lullo, che ivi pur ritrovavasi, la trasmutazione dei metalli (ib. p. 175), e che questi venuto poscia a Milano, vi si trattenne alcun tempo e vi esercitò l’alchimia, e si mostra, die1 egli, in quella città la casa ov’egli occupavasi in tal lavoro (ib. p. 158). Ma per ciò che appartiene a questo ultimo fatto, esso non è appoggiato che all1 autorità di uno scrittore troppo in questa materia pregiudicato, cioè di Olao Borrichio (De Orig. et Progr. Chem.). E generalmente tutto ciò che dell’alchimia di Raimondo Lullo raccontasi da alcuni scrittori, credesi inventato a capriccio dagli alchimisti, i quali hanno voluto accreditare le lor menzogne, col farci credere che uomini di sommo ingegno adottate xxvi. Amiir i filtro all’al «liinriu m«li vanno paszn melile jm-i «luti.