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j’i’ j LIBRO nel predicare dal pergamo, che nell’insegnar dalla cattedra. E a dir vero, se altra pruova non ci restasse del sapere e delle virtù di Buonaventura, basterebbe la testimonianza del Petrarca che gli fu amicissimo. Questi scrivendo al grammatico Donato soprannomato Apenningena (Senil. l. 8, ep. 6), e parlandogli con grande encomio delle Confessioni di S. Agostino, gli dice ch’egli potrà facilmente trovarne copia presso quell insigne filosofo e vero teologo e maestro, di cui in una sua lettera avea Donato fatta menzione, ovvero presso il di lui fratello a lui uguale nella professione di vita e nel sapere, due lumi dell agostiniana Religione, e due singolari ornamenti di Padova. E che il primo di questi fosse il nostro Buonaventura, raccogliesi chiaramente da un’altra lettera del Petrarca a lui scritta, in cui lo consola per la morte del suo fratello seguita di fresco in Venezia (ib. l. 11, ep. 11). Egli sfoga in essa il dolore da cui per tal morte era trafitto, rammenta l’amicizia che avea con amendue i fratelli, le frequenti e amabili conversazioni in cui con lor trattenevasi; e dice ch’erano amendue non sol fratelli di nascita, ma di ordine ancora, di professione, di magistero; e chiama felice la Religione di S. Agostino, in cui amendue erano stati educati e istruiti. Qual fosse il nome di questo fratello di Buonaventura, il Petrarca nol dice, ma dagli scrittori agostiniani e dal Tommasini abbiamo (Bibl. patav. p.) ch’egli era di nome Buonsemblante, e che nella libreria del suo Ordine in Padova lasciò alcune opere teologiche e alcuni sermoni che ancora