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l5o LIBRO intendere di carta bambagina, la quale pure pud# dirsi ex rasuris veterani pannorum. Certo il march. Maffei ci attesta che la più antica carta ch’egli abbia veduta, è del 1367 (Istori introduttori di quest’arte, e che n’ebber perciò dalla Repubblica Fiorentina amplissimi privilegi. Ma io non so se questo racconto sia appoggiato ad autentici documenti. Tutto ciò che intorno alle cartiere di Fabriano fin qui ho detto, deesi all’erudizione e alla diligenza del sig. Luigi Mastarda nobile fabrianense, che ne ha raccolti e me ne ha cortesemente trasmessi i documenti, Ma queste cartiere furono esse le prime e le più antiche solo fra quelle d’Italia, ovvero ancora fra tutte quelle del colto mondo? Ecco un’altra quistione di troppo più difficile scioglimento. Così io ho creduto nella prima edizione di questa Storia, ove io ho attribuita la lode di questa invenzione al suddetto Pace, nè per ora parmi di esser costretto a cambiar sentimento. Ho letta la bella dissertazione che su questo punto ci ha data il eh. sig. abate Andreas (Orig. e Progr. della Letterat. t. 1, p. 198, 222), nella quale egli non solo attribuisce agli Arabi l’invenzione della carta di bambagia , che da lui si fissa circa il principio del secolo VIII, ma quella ancora della carta da lino , e crede che se ne abbiano nelle Spagne non pochi documenti anche anteriori al secolo XIII. Io rispetto l’autorità de’ dottissimi uomini che lo asseriscono. Ma mi sembra che a decidere con sicurezza di tal quistione , converebbe confrontare tra loro i codici spagnuoli cogl’italiani , assicurarsi che la carta sia di lino e non di bambagia , nel che gli artigiani possono essere migliori giudici che gli eruditi; osservare se i documenti che si accennano scritti in carta, sieno originali o copie, e fare altre simili riflessioni, senza le quali non si può proferire un sicuro e inappellabil giudizio. Io non veggo che questo esame siasi ancor fatto , e perciò non mi pare che la disputa si possa ancor considerare come decisiva. Su questo argomento si può ancora vedere un’opera di M. Breitkof in lingua tedesca, stampata in