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14 li • LIBRO ciampava nel ragionare ili autori cotanto noti, qual cognizione potevano averne gli uomini solo mediocremente versati nella letteratura? Quindi fra le fatiche, a cui il Petrarca si accinse, una fu quella di esaminare con diligenza, se le opere che spargevansi sotto nome di qualche antico scrittore, gli si dovessero attribuir veramente, o si avessero a creder supposte. Intorno a che è degna d’esser letta singolarmente una lettera (Senil. l. 2, ep. 4) in cui egli va ragionando d’alcune opere falsamente attribuite ad Aristotele, a Seneca, a Origene, a S. Agostino, a S. Ambrogio, a Ovidio. Nel che s’egli ancora non è sempre sicuro nelle sue congetture, qual maraviglia, che essendo egli il primo a dissipare sì folte tenebre, talvolta non cogliesse nel vero? ni. 111. Alle scarse e infedeli notizie che aveansi • D^» degli autori antichi, aggiugneasi l’ignoranza de’ de* copuli. COpiat0ri? che trascrivendone le opere, le sformavano per tal maniera, che gli autori stessi appena le avrebbono riconosciute. Bello è l’udire anche su questo argomento le amare doglianze del Petrarca che sembra non sapersi dar pace di esser nato in sì barbaro secolo: Chi potrà , dic’egli (De Rem. utriusque Fortunae, l. 1, dial. 43), recare un efficace rimedio all ignoranza e alla codardia de’ copiatori, che ogni cosa guasta e sconvolge? Per timor di essa molti di eccellente ingegno si son tenuti lontani dal dare alla luce opere immortali; pena ben giustamente dovuta a questo nostro secolo scioperato che non de’ libri, ma solo