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120 LIBRO gloria ad essi, o al Petrarca. Ordinarono dunque che co’ denari del pubblico erario si riscattasser dal fisco i beni del Petrarca, e che il Boccaccio già stretto in intima amicizia con lui, andasse in nome di quel Comune a Padova ove allora era il Petrarca , e gli recasse una lettera in cui i Fiorentini lo ragguagliavano di ciò che avean fatto, e caldamente il pregavano a ritornare alla sua patria, e ad onorare colla sua presenza non meno che colle sue fatiche quella nascente università. Questa lettera già è stata pubblicata in parte nel suo originale latino dall’ab. Mehus (Vita Ambr. camald. p. 223), poscia interamente tradotta in francese dall’ab. de Sade (l. cit. p. 125). Ella è troppo lunga per esser qui inserita, ed io ommettendo gli encomj ch’essi gli rendono, e le onorevoli espressioni con cui accompagnano la restituzione che gli fanno de’ beni paterni, ne sceglierò sol quella parte in cui l’invitano a recarsi a quella loro università: Non ha molto, dicono essi, che veggendo noi priva la nostra città di buoni studj, abbiamo con opportuno consiglio determinato che in avvenire fioriscano e si coltivin tra noi le arti, e che vi sieno studi d ogni maniera x acciocché la nostra repubblica per tal mezzo, come già Roma, si sollevi gloriosamente sopra le altre città d Italia, e cresca sempre più lieta e più illustre. Or, ciò che anche presso gli antichi sì di raro avvenne. la nostra patria pensa che tu sei l’unico e il solo, per mezzo di cui ella può ottenere il suo intento. Ella ti prega adunque, quanto più può caldamente. che tu ti prenda pensiero di questo Studio,