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’jZ 6 LIBRO die vedeasi nel palazzo di Federigo II in Napoli, ove era dipinto questo imperadore, presso a lui il suo fedel cancelliere Pier delle Vigne, e i clienti che implorando soccorso da Cesare, da lui rimetteansi a Pietro, e abbiam riferiti i versi che vi erano aggiunti, fingendo che con essi parlassero i clienti e Federigo. È falso dunque ciò che afferma il Vasari (l. cit. p.?./jo) , cioè che Cimabue cominciò a dar lume ad aprire la via all’invenzione ajutando l’arte con le parole ad esprimere il concetto; poichè veggiamo che prima che Cimabue nascesse, o certo prima eh1 ei cominciasse a dipingere, fu ciò usato nella suddetta pittura. Veggansi ancora alcune pitture che furono fatte in Verona, ed una singolarmente del 1239, di cui parla il march. Maffei (Ver. illustr. par. 3, c. 6). Anzi era fin dal principio del XIII secolo così frequente in Italia l’uso della pittura, che i gran personaggi solevano fin d1 allora, come anche al presente, avere un pittore tra i lor cortigiani. Ne abbiam la pruova in un monumento milanese dell’anno 1210, accennato sulla scorta degli antichi Annali dall’eruditissimo co. Giulini (Mem. di Mil. t. 7, p. 249), in cui si annoverano distintamente que’ che componevan la corte del cardinale Uberto arcivescovo di quella città, e tra essi veggiamo espressamente nominato il pittore. XII. Ma tutte queste pitture, dicono il Vasari, il Baldinucci e i lor seguaci, erano o opere di greci artefici, o fatte nella rozza maniera da’ Greci usata. Ciò che abbiam detto sinora, ci mostra che molti pittori italiani vi ebbe