Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/747

726 turno conservansi in Roma, che appartengono a questa medesima età! Tutti i libri che ne descrivon le chiese e gli altri pubblici edifizii, ce ne possono essere testimonio. Io accennerò solo le grandi lastre d’argento figurate, colle quali Innocenzo III ricoprì la sacra immagine del Salvatore detta Acheropita, che si venera nell’antichissimo oratorio di S. Lorenzo. Esse sono state esattamente descritte dal ch. canonico Giovanni Marangoni (Istor. delP anlichiss. Orat. di S. Lor. ec. c. 20), il quale afferma che questo lavoro, quantunque gotico , si vede formato con tanta diversità d intrecci c di figurine di basso rilievo, che rende una somma vaghezza. Così anche in questi sì rozzi secoli faceasi pur qualche sforzo per condur la scultura a perfezione maggiore. Eran lenti i progressi, ma pur (davasi qualche passo, e si rendeva per tal modo più piana e più agevol la via a que’ che doveano venire appresso. VDI. Riman per ultimo che diciamo della pittura. E qui io ben conosco di entrare in un sentiero assai spinoso e intralciato, e in cui appena sembra possibile di avanzarsi senza pericol di offesa. La Toscana , e singolarmente Firenze, pretende che le si debba in ciò il primo vanto: rammenta il suo Cimabue, il suo Giotto, e ci schiera innanzi un gran numero di scrittori che la chiamano per riguardo a questi due pittori madre e ristoratrice delle bell’arti. Dante, il Boccaccio, il Villani ne sono i condottieri, e dietro ad essi siegue una innumerabile folla di altri e loro concittadini e stranieri che ripetendo i lor detti, li confermano