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~o8 li ORO a parlare nel quinto tomo eli questa Stona. Qui sarebbe a esaminar l’opinione del Fontanini, il quale ha francamente affermato e ha recati più argomenti a provare che non solo nel secolo XIII, ma anche ne’ due seguenti predicavasi latinamente; e se pure talvolta si usava la lingua volgare, ciò non era lecito nelle chiese, ma sol nelle piazze ad esse contigue (Dell Eloq. ¡tal. I. 3, c. 1, 2). Ma essa è stata già confutata prima dal sig. Domenico Maria Manni (praef. alle Pred. di F. Giord.), poscia dall’eruditissimo Apostolo Zeno (Note alla Bibl. del Fontan. t 2, p. 424 ec.), i quali e hanno mostrato la debolezza delle ragioni dal Fontanini addotte, e han recato più esempii di prediche dette in lingua italiana in chiesa, valendosi singolarmente di quelle di F. Giordano. È certo però, che in questo secolo, di cui ora scriviamo , predicavasi per lo più in latino, benchè poscia si usasse talvolta di esporre al popolo in lingua volgare ciò che il predicatore avea detto latinamente. Ne abbiamo un bel monumento in una carta dell’anno 1189, pubblicata dal Muratori (Antich. Est. 1, c. 36), in cui si contiene la consecrazion della chiesa di S. Maria delle Carceri, e ove si dice che avendo Goffredo patriarca di Aquileia predicato in quella occasione litte.raliter sapientcr, cioè in lingua latina, Gherardo vescovo di Padova prese poscia a spiegare al popolo maternaliter, cioè in lingua volgare la stessa predica. Così ritenevasi comunemente il linguaggio latino nel predicare, perchè credeasi che ciò convenisse alla dignità della religione; e insieme si provvedeva