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6^4 LIBRO par ch’esse avessero il bramato successo, perciocchè, come gli scrittori medesimi provano col testimonio di Giovanni d’Andrea ch’era stato scolaro di questo professore, e con quello del Diplovatacio, egli fu poi fatto prete e canonico nella sua patria. Benchè, come essi stessi riflettono , nelle edizioni dell’opera di Giovanni d’Andrea ei chiama il suo maestro non Bonaccio, ma Bonifacio, e dice ch’ei gli predisse che sarebbe divenuto dottore. Troppo grande però è la somiglianza tra questi due nomi, ed è verisimile che con amendue s’intenda un medesimo personaggio. IX. Abbiam poc’anzi accennato che non dee confondersi con Buoncompagno, come han fatto il Muratori e il Mehus, un altro illustre professore di gramatica, e anch’egli fiorentino di patria, detto Bene. Gli autori della Storia dell’Università di Bologna han pubblicato (t. 1, pars. 2, p. 164) il giuramento con cui egli si strinse l’anno 1218 a quella università, promettendo , come faceano ancora i professori di legge, di non adoprarsi giammai perchè quello studio altrove si trasportasse; d’impedire ancora che ciò da altri si facesse, o almeno di darne avviso al podestà di Bologna, e di non tenere mai scuola altrove, trattone quando egli fosse innalzato in Firenze agli ordini sacri, nel qual caso voleva che gli fosse lecito l’insegnare a’ cherici di quella chiesa a cui fosse ascritto. Fino a quando ei continuasse a tenere scuola, non ne troviamo indicio. Abbiam bensì una lettera scritta , quand’ei morì, da Pier delle Vigne; ma, come tutte le altre lettere di questo