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TERZO 65I Non merrps; noe enim mercator spargere veni Venales titulos: gratis tibi dedico gratus Exiguum exiguo natura de cespite florem. Queste espressioni di Gaufrido a me sembrano indicare che egli avesse fatti i suoi studi in Bologna, e ch’egli perciò per mostrarle la sua riconoscenza le offerisceFonte/commento: Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/773 questa sua fatica. Ma dal prologo si raccoglie inoltre, come il P. Fattorini osserva (l. c. p. 5o5). ch’egli era professore in Bologna, perciocchè egli così comincia: Saepe mihi dubiam traxit sententia mentem, Taxavique diu mecum, sociisne valerem Dictandi reserare viam. Sed me titubantem Vester cogit amor tanto servire labori. Già abbiam altrove osservato che la voce socii usavasi spesso a que’ tempi a denotar gli scolari; e la stessa maniera di ragionare che qui tiene Gaufrido, ci rende evidente eh’egli era maestro, e che ad uso de’ suoi scolari prese a scrivere questo libro. Ma questa è ella veramente opera diversa dalla Poetica, o non è anzi la stessa col titolo diverso? Il P. Fattorini confuta il Cave che pensa non esser amendue che un’opera sola; e a confutarlo osserva che la Poetica da Gaufrido fu scritta in versi, e l’Arte dello scrivere, in prosa; perciocchè al fine del prologo sopraccennato così ei dice: Ne tamen auditu prolixa proemia laedant, Hic metris praecludo viam, masaeque quietem Largior, et faciles ad cetera dirigo cursus. Col che egli sembra che voglia dire che dopo aver fatto il prologo in versi, passava omai a svolgere in prosa i precetti. A ciò nondimeno