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IV. Quando scrivesse il suo poema. 636 LIBRO io confesso che non parmi troppo ben accertato il fatto che narrasi dal Villani, cioè la guerra a lui mossa dal vescovo fiorentino per ispogliarlo del beneficio di Calenzano. E a dubitarne mi muove singolarmente non solo il vedere che Arrigo non fa di ciò alcun motto in tutto il suo poema, ma che ancora egli il conchiude volgendosi al vescovo stesso con questi versi: Inclyte, cui vivo, si vivo, provide Praesul Florentine, statum scito benigne meum. Sum passus gravia, graviora, gravissima, quarto Passio, si velit ars, possit inesse gradu. Ergo vale, Praesul. Sum vester. Spiritus iste Post mortem vester, credite, vester erit. Vivus et extinctus te semper amabo; sed esset Viventis melior quam morientis amor. La qual maniera di ragionare sembra totalmente contraria a quella di cui avrebbe usato Arrigo, se il vescovo fosse stato il principale autore di sue sventure. Io so che anche Ovidio, benchè rilegato da Augusto, pur gli scriveva coi sentimenti della più ossequiosa riconoscenza. Ma pur nell’atto medesimo egli si doleva modestamente con lui della pena con cui avealo punito, e il pregava di pietoso perdono. Laddove nè qui nè in tutto il poema d’Arrigo non vi è nè cenno alcuno di danno che il vescovo gli abbia recato, nè alcuna preghiera perchè cessi dal molestarlo. E io credo perciò che tutt’altro fosse il motivo della disgrazia di Arrigo, benchè non sia possibile lo stabilire qual fosse. IV. Con certezza maggiore possiam ragionare del tempo in cui Arrigo compose questo suo