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XXI. lì a me ili mi passo di Dante, in cui nega a qual Irò città d’Italia la gloria di aver avuti poeti. 6lO LIBRO non se forse il loro stile medesimo e i loro versi; il qual pure è l’unico argomento che dal Crescimbeni si reca per provare che Semprebene ancora vivesse in questo secolo; se pure ei non è quel medesimo che era giureconsulto in Bologna l’anno 1226, nel qual caso, come osserva il P. Sarti De Prof. Bon. t. 1, pars 1, p. 117), converrebbe dire che la poesia italiana in Bologna avesse avuta origine assai più antica che comunemente non credesi. Ei ci promette qui di trattare di ciò altrove più ampiamente; ma egli non potè condurre la sua opera fin dove pensava; e i continuatori delle altrui fatiche non sempre credonsi astretti a mantener la parola data da’ loro predecessori. Di Ugolino Ubaldini accenna il Crescimbeni più rime (p. 33), e dice che fu cittadin di Faenza e dimorò in Toscana. Dante ne fa menzione nel Purgatorio (c. 14); e Benvenuto da Imola, comentando quel passo, dice eli’ egli fu uom nobile e curiale della casa degli Ubaldini chiarissima in Romagna, i quali furon potenti nell’Alpi di qua e di là dall A pennino presso Firenze. E altri poeti di altre città ancora potrei qui rammentare, se credessi ben impiegato il tempo in cercare gli autori di qualunque benchè rozzo sonetto, o di qualunque canzone. XXI. Ma non dobbiamo a questo luogo dissimulare una taccia che Dante ha apposta a quattro illustri città d’Italia: Questa è la ragione, dic’egli De Eloq. l. 1, c. 15), per la quale non ritroviamo che niuno nè Ferrarese, nè Modenese, nè Reggiano sia stato poeta, perciò che assuefatti alla propria loquacità non