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566 LIBRO dal Giarubiillari si afferma, era pisano, e se non soggiornava in Sicilia, come dal Giambullari medesimo si raccoglie, in qual maniera potè dire di lui Agatone, ch’ei congiunse il siciliano dialetto col volgare italiano? Finalmente ancorchè si conceda che vivessero veramente e Lucio e Agatone Drusi, e che Agatone seri- I vesse il riferito sonetto, troppo debole è l’argomento tratto da quelle voci il grand’Avolo mìo, per inferirne che Lucio vivesse a’ tempi di Guglielmo II. Il senso più naturale della voce grande è di un aggiunto di lode, non di un termine di parentela, che non è punto usato nella lingua italiana; e il grande congiunto coll’Avolo nulla più significa, a mio parere, che , congiunto col padre. Anche il Crescimbeni du-1 bilò mollo di supposizione nel riferito sonetto, J e adduce, a conferma del suo, il sentimento J del celebre Antonmaria Salvini (Comment. della volg. Poes. t. 1 , p. 403); benchè poscia sembri aver cambiato parere (t. 2, pars 1, p. 3), ma senza addurne ragione che sciolga i dubbii che noi abbiamo proposti, e che ad ognuno si offrono facilmente. III. Forse con più ragione si concede il primato di antichità nella poesia italiana a Ciullo, ossia Vincenzo d’Alcamo, o, come altri scrivono, dal Camo siciliano. Leone Allacci nella sua Raccolta degli antichi Poeti, e dopo lui il Crescimbeni (Comment. t 3, p. 2) ne han pubblicata una canzone, ciascheduna stanza della quale è composta di cinque versi, co’ primi tre che sono una spezie di \crsi martelli ani, rimati insieme tra loro, e tra loro insieme 1