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TERZO 555 non solum in poetando, sed quomodolibet loquendo patrium vulgare deseruit (Eloq. l. 1, c. 15). E a questo luogo appartiene, se non m’inganno, un altro passo di Dante, ove parlando de’ poeti che dilettaronsi di scriver canzoni, come fu, dice (ib. l. 2, c. 13), Gotto Mantuano, il quale fin qui (nell’originale latino si legge oretenus) ci ha molte sue buone canzoni intimato. Costui sempre tesseva nella stanzia un verso scompagnato, il qual esso nominava chiave. Il Crescimbeni (Comment, t. 2, par. 2, p. 23) e il Quadrio (t 2, p. 161) di questo Gotto fanno un nuovo poeta, di cui confessan però, che non trovasi alcuna certa notizia, nè poesia alcuna. Ma io penso di’ ei non sia diverso dal nostro Sordello (*). Egli era, come si dice nel codice Vaticano, oriundo da Goito, il qual nome si può facilmente cambiare scrivendo in Gotto; nè è cosa rara negli scrittori di questi tempi l’appellare uno dal nome della sua patria. Dante vi aggiugne ancor Mantovano; il che ci rende sempre più probabile questa opinione, poichè Goito è appunto nel territorio di Mantova. Quindi una (*) Io ho congetturato che Sordello, il quale era natio , o oriondo da Goito, fosse lo stesso che quel Gotto mantovano di cui ragiona Dante nella sua Eloquenza. Al sopraddetlo sig. co. di Arco e al sig. ab. Bettinelli (Delle Lettere ed Arti man/, p. 3i) sembra che le diverse cose che Dante di essi dice, e la diversa maniera con cui nomina amendue, indichino due personaggi diversi. io non voglio ostinarmi nel sostenere il mio sentimento, e cedo volentieri all’’autorità di due uomini che sono presso di me in molta stima.