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5 IO LIBRO IV. A queste lingue, che per non esser note che a’ dotti si chiaman dotte, mi sia qui lecito T aggiugnerne un’altra che benchè usata allora dal volgo stesso in una parte d’Europa, divenne però l’oggetto dello studio e delle fatiche di molti Italiani, cioè la lingua francese. Parlo a questo luogo della lingua francese, non della provenzale; perciocchè, comunque monsignor Fontanini abbia creduto che fossero a un di presso la lingua medesima (Della Eloq. ital. l. 1. c. 8), certo è nondimeno ch’esse furon troppo diverse l’una dall’altra, come chiaramente si riconosce al confronto delle poesie provenzali che ancor ci—rimangono, co’ libri scritti al tempo medesimo in lingua francese. Quindi M. Falconet riprende a ragione il cavaliere Salviati, perchè sostenne che Brunetto Latini scrisse il suo Tesoro in lingua provenzale , mentre esso fu da lui scritto nel comun linguaggio francese (Hist. de l’Acad. des Inscr. t. 7, p. 296). Della provenzale e de’ poeti italiani che in essa si esercitarono, parleremo nel capo seguente. Qui direm solo de’ prosatori a’ quali piacque di scrivere in lingua francese. Essi non furon pochi , e non pochi sono i monumenti che ancora ce ne rimangono, benchè niun di essi sia mai stato , per quanto io sappia , dato alla luce. Ma onde mai sorse tra gl’Italiani un si nuovo fervore pel coltivamento di questa lingua? Il sopraccitato monsignore Fontanini ne arreca per principal ragione le splendide e magnifiche corti de’ Signori provenzali , che traendo a loro molti Italiani, gl’in-