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5o6 LIBRO la sua Storia della Guerra di Troja. Ma oltre questi possiamo ancor nominare più altri Italiani che in questa età non ignorarono il greco. Il ch. canonico Bandini ha dati alla luce alcuni versi jambici greci (Cat. Bill. laur. I. t, p. 25) composti da un Giovanni da Otranto all’occasione dell’assedio di Parma fatto da Federigo II. Il march. Maffei a provare che in Verona non era del tutto sconosciuta la lingua greca, reca un Capitolo (Ver. illustr. par. 2^ p. 132, ed. pr. in 8) degli antichi Statuti di quella città , che ha per titolo De Proxeneta philantropo. Ma a dir vero, non parmi che sia questa pruova troppo sicura; poichè molte voci tratte dal latino e dal greco si usano continuamente da molti che pur di greco e di latino sono affatto digiuni, ma le usan solo perchè esse sono state già da lungo tempo introdotte nel parlar famigliare, Io non so ancora se possa credersi abbastanza fondato il pregio di aver saputa tal lingua, che il ch. monsignore Giangirolamo Gradenigo attribuisce a Uguccione pisano e a Giovanni Balbi (Della Lett. greco-ital. p. 83, 103) pe’ loro Lessici latini, dei quali altrove favelleremo. Essi in gran parte si valsero delle fatiche di Papia, ed è perciò a temere che ciò che nelle loro opere s’incontra di lingua greca , si debba al più antico compilatore (a). E quanto al Balbi, ella è piacevol (a) Il Lessico di Uguccione è assai più copioso e più ornato di erudizione che quello di Papia; e se F. Francesco Pipino, come altrove vedremo, lo taccia come libro non sempre esatto nè compito , ciò deesi intendere