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a4 LIBRO c. 11, vol. 9 Script. rer. ital. p. 661). Giovanni Villani ancora, che deesi contarsi tra gli scrittori nulla parziali di Federigo, ripete nondimeno quasi le stesse parole che sopra abbiam riferite di Ricordano, dicendo che fu savio di scrittura, e di senno naturale, universale in tutte le cose, seppe la lingua latina et la nostra vulgare, et tedesco, francesco, greco, et saracinesco (l. 6, c. 1). Queste testimonianze di autori che non posson dirsi panegiristi di Federigo, ci rendon più facile a credere il grande elogio che ne fa un encomiatore di questo monarca, cioè Niccolò di Jamsilla, scrittore egli ancora contemporaneo. Egli ci narra di Federigo che fu assai studioso della filosofia, e che ne stese lo studio per tutto il regno che quando egli prese a regnare in Sicilia, appena vi avea in quelle provincie alcun letterato; ma ch’egli vi aprì pubbliche scuole delle scienze e delle arti tutte; che da ogni parte del mondo vi trasse celebri professori, assegnando del suo proprio erario e stipendio ad essi e mantenimento a’ poveri giovani, perchè agiatamente potessero coltivare gli studi; ch’egli stesso per ultimo, poichè più che di ogni altra cosa piacevasi della storia naturale, scrisse un libro della Natura e del Governo degli Uccelli, in cui diè a vedere quanto fosse in tale scienza versato (Script. rer. ital. vol. 8, p. 495, ec.). E questo libro di Federigo conservasi ancora stampato in Colonia l’an 1596, con alcune giunte fattevi dal re Manfredi di lui figliuolo. Noi parleremo altrove della poesia italiana, in cui ancora esercitossi questo monarca, c di cui