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XXVI. Due donne senza alcun fondamento annoverate tra i professori di Bologna. 4 1 4 LIBRO parli che all’anno 1303 (Cron. l. 8, c. 65). La maniera con cui Filippo Villani e Domenico Aretino, e molti altri lor copiatori ne raccontan la morte, cioè ch’egli intristito per le sue deluse speranze e caduto infermo, mentre tornava da Roma, presa una notte da ardentissima sete tuffasse il capo in un secchio d’acqua, e vi rimanesse affogato, si ripone a buon diritto dal P. Sarti tra que’ popolari racconti che non hanno alcun fondamento, come pure ciò che altri narrano, ch’ei morisse di veleno datogli in Roma. Non vi ha alcuno tra gli antichi giureconsulti che non parli con somma lode del sapere di Dino; e grande argomento della stima in cui egli era, è ciò che afferma il Diplovatacio citato dal P. Sarti, cioè che i Veronesi, lui ancor vivente, fecero legge che nel render ragione si dovesse prima aver riguardo alle leggi e agli statuti municipali; quindi, ove questi tacessero, alle leggi romane, o alle chiose di Accorso; e ove le chiose sembrassero tra lor contrarie, si seguisse quella cui Dino approvasse. Altre somiglianti onorevoli testimonianze del sapere di Dino leggansi presso il P. Sarti, il quale ancora annovera le non poche opere da lui scritte, parecchie delle quali abbiamo alle stampe, di che veggasi ancora il co. Mazzucchelli nelle sue note al Villani. XXVI. È sembrato ad alcuni che alla gloria de’ Bolognesi non fosse ancor provveduto abbastanza, se oltre tanti dottissimi professori che o nacquero, o visser tra loro, non si potessero ancor rammentare alcune donne che dotate di animo e di senno virile, e formatesi