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SECONDO 369 accennano dal Rinaldi (Ann. eccl. l, cit. n.37), colle quali gli concedette tutte quelle ampie facoltà che a ben riuscirvi erano necessarie. Nel dì stabilito adunque radunossi presso Verona, cioè circa tre miglia lungi dalla città presso l’Adige e presso un luogo detto Paquara, una innumerabile moltitudine d’uomini delle città della Marca Trivigiana e della Lombardia. Tutti gli antichi storici sembrano non aver espressioni che spieghino abbastanza l’immensità del popolo che colà si raccolse. Il Maurisio dice che da’ tempi di Gesù Cristo in poi non erasi mai veduta un’udienza si numerosa; e che la più parte degli uditori per riverenza vi vennero scalzi. Lo stesso raccontasi da Antonio Godi, dicendo che non era possibile di computarne il numero. Rolandino, che vi era presente, dice che sì gran moltitudine in Lombardia non erasi mai veduta. Parisio di Cereta scrittor veronese contemporaneo, il quale però in quell’anno erasene andato a Roma, con una incredibile esagerazione dice (Script.. rer. ital. vol. 8, p. 627) che vi si calcolarono oltre a quattrocenlo mila persone. Ma comunque si voglia credere che questo numero fosse di gran lunga minore, è certo però che essa fu una delle più strepitose assemblee che mai si vedessero. Abbiamo ancora il solenne atto di pace che in quel giorno, che era il 28 d’agosto, fu pubblicato da F. Giovanni , il qual atto è stato dato alla luce dal Muratori (Antiq. Ital. t. 4 , p. 641 , ec.), e in esso veggiam nominare le città di Verona, di Mantova, di Brescia, di Padova, di Vicenza venute co’ loro carrocci; i Trevisani, i Veneziani, TiraeoschI} Voi. IV. 24