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SECONDO 3a5 non si possa dire impossibile, ha nondimeno un cotal sapore di favola, che difficilmente ottien fede. Siegue poscia a raccontare il Villani, che Taddeo, rivoltosi agli studi, in breve tempo apparò la gramatica, e che passato a Bologna si applicò con istancabile diligenza allo studio dell1 arti liberali, della filosofia, e finalmente della medicina, a cui interamente si consacrò, e dopo essersi in questa ben istruito, prese ad esercitarla insieme e a tenerne scuola, avendo perciò dal pubblico un determinato stipendio. Quest’ultima circostanza rigettasi a buon diritto dal P. Sarti (De Prof. Bon. t. 1, pars 1, p. 467), perciocchè egli osserva che avendo Taddeo cominciato a tenere scuola di medicina verso l’anno 1260, non era ancor di que’ tempi introdotto il costume di assegnare a’ professori certo stipendio. Alla pubblica sua scuola congiunse Taddeo non solo l’esercizio della sua arte, ma la fatica ancora di scriver più opere, delle quali fra poco ragioneremo, e fu egli uno de’ primi che prendessero ad illustrare con ampii comenti i libri d’Ippocrate e di Galeno, usando a ciò le opere ancor de’ filosofi, e congiungendo in tal modo, ciò che niuno avea ancor fatto, la medicina colla filosofia. Egli è vero che dagli scritti degli Arabi trasse in gran parte Taddeo ciò che ci lasciò ne’ suoi libri; e che molte cose da lui insegnate si rigettano e si deridono ora da’ medici valorosi. E io son ben lungi dal fare l’apologia di Taddeo e degli altri medici di que’ tempi, o dal consigliare alcuno ad apprender da essi la medicina. Ma in quella universale e profonda ignoranza che allor regnava