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292 LIBRO d’astrologia e di magia che vi sono sparse per entro. I PP. Quetif ed Echard parlando di quest’opera (Script. Ord. Praed. t. 1, p. 172) non fanno alcun cenno di dubitare eli1 ella non sia legittima; ma non isciolgon nemmeno i dubbii che contro di essa si posson muovere, e solo dicono che Alberto in essa afferma di aver colla sua sperienza provata l’utilità dell’alchimia. Ma o ella sia questa, o nol sia, opera d’Alberto Magno, è certamente opera di antico scrittore, perciocchè i suddetti autori ne allegano un codice ms. dell’anno 1303. Dunque ad Alberto Magno, o a chi ne usurpò il nome, fin dal secolo XIII era nota questa virtù della calamita; anzi credevasi allora che da Aristotele ancora fusse stata avvertita; tanto eran lungi dal crederla scoperta ed invenzione moderna. Vincenzo di Beauvais in più luoghi parla della calamita, che anche egli dice essere una specie di diamante. Io ne recherò un passo che veggo comunemente non osservato da chi ha scritto su questo argomento, e che pure è il più pregevole, perchè ci descrive in qual maniera apparecchiavasi e usavasi l’ago calamitato: Aliud (adamantis genus) , dic’egli (Specul. doctrin. l. 17, c. 134), in Arabia reperitur... stellam maris indicem itineris inter obscuras nebulas per diem vel noctem nautis prodit. Cum enim vias suas ad portum dirigere nesciunt, cacumen acus ad adamantem lapidem fricatum per transversum in festuca parva infingunt, et vasi pleno aquae immittunt; tunc adamantem vasi circumducunt, et mox secundum motum ejus sequitur in circuito cacumen acus. Rotatimi