Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/30

PRIMO 9 stessi nomi furono usati a distinguere i diversi partiti; e Guelfi dicevansi i seguaci de’ papi, Gibellini i seguaci degli imperadori. Tutte le storie italiane di questo secolo ci dipingon gli orrori che furono l’effetto di sì ostinate discordie. Non sol vedeansi le une città contro l’altre rivolger l’armi; ma nelle città medesime, anzi nelle stesse private famiglie, vedeansi contrari partiti; i cittadini e i domestici mirarsi gli uni gli altri come nimici, insidiarsi, inseguirsi, cacciarsi a vicenda. Non vi ha quasi alcuna tra le più ragguardevoli città d’Italia, che non abbia le sue cronache esatte e minute di ciò che in essa avvenne di questi tempi; e non vi ha oggetto che sì spesso in tali storie ci venga innanzi, quanto i tradimenti, gli esilii, gli omicidii, le battaglie tra’ cittadini medesimi. Nè io credo che vi abbia argomento alcuno più di questo efficace a mostrarci che non vi è cosa a una repubblica più funesta della indipendenza totale de’ cittadini. V. Mentre l’Italia al principio del XIII secolo era così lacerata dalle guerre civili, cresceva in essa un principe che dovea un giorno darle assai maggior occasione di tristezza e di pianto. Federigo figliuolo del defunto imperadore Arrigo e di Costanza, nato in Jesi a’ 26 di dicembre nel 1194, fu per opera di suo padre eletto re di Germania e d’Italia, benchè fanciullo ancor di due anni. Ciò non ostante, morto Arrigo l’an 1197, di lui non si fece alcun conto, e Filippo e Ottone, come si è detto, presero a contender tra loro per la corona. Perciò la reina Costanza, fatto a sè venire in