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154 LIBRO a cui comandavano. Così Cayuk dicevasi ancora Quey-yeu (ib. p. 428), e Kublay dicevasi ancora Hu-pi-lay (ib. p. \.\i), e Timur di lui nipote avea anche il nome diChingtson (ib.p. 499); e similmente più altri. Come possiamo noi dunque dal vedere nominati diversamente i primi successori di Gencis-Kan inferire che Marco Polo abbia in ciò preso errore? Ma frattanto i mentovali scrittori da questi pretesi abbagli del nostro viaggiatore traggono una conseguenza con cui per poco non cel rappresentano come un solenne impostore, cioè eh egli non sia mai entrato nè nella Tartaria, nè nella Cina, nè nel Katay. Noi abbiam dimostrato ch’essi non sono stati troppo felici nell’accusar Marco Polo. Se dunque non son provate le accuse con cui essi han cercato di mostrarlo scrittore infedele e mal istruito, cade per se medesima a terra la conseguenza che ne deducono. Ma com’è possibile, dicono essi, e con quest’ultimo argomento conchiudono la lor accusa contro di Marco Polo; com’ è possibile che s’ei fu alla Cina, non vedesse la gran muraglia famosa di divisione tra quell’impero e la Tartaria, e non ne facesse parola nelle sue relazioni? Io non mi farò a cercare per qual parte vi entrasse il Polo, benchè forse al cercarne con diligenza si rinverrebbe che gli scrittori inglesi non provano abbastanza che ei non vi potesse entrare che per la gran muraglia. Ma senza ciò, egli è pur certo che Marco ci parla assai della Cina. Dunque s’ei non la vide, ne cercò almeno o da’ libri, o da quelli che vi avean viaggiato. Or com’è possibile, dirò io ancora, che in