Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/154

PRIMO 133 una fra le altre in pergamena ne ha questa biblioteca Estense da me consultata, e di cui varrommi talvolta in questo capo medesimo. Il traduttore, nella prefazione che premette alla sua versione, afferma chiaramente che Marco aveala scritta in italiano: Librum prudentis, honorabilis ac fidelis viri Domini Marchi Pauli de Vene ti ìs de conditionibus et consuetudinibus orientalium regionum ab eo in vulgare fideliter editum et conscriptum compellor ego fraterFrancischinus Pipinns de Bononia ordinis fratrum praedicatorum a plurimis patribus et dominis meis veridica et fideli translatione de vulgari ad latinum reducere. E il Ramusio non troverà molti che credano a ciò ch’ei dice, che il Pipino credesse essere stata quest’opera scritta in lingua italiana, perchè non gli venne fatto di trovare alcun esemplare latino. La lingua latina era allora dagli scrittori usata assai più dell’italiana, e perciò sarebbe stato più facile ad avvenire che si smarrisser gli esemplari italiani, che non i latini. Ma non giova il trattenersi più oltre su tal quistione che è stata interamente decisa dall’eruditissimo e diligentissimo Apostolo Zeno (l. cit.) coll’autorità di un codice di oltre a 300 anni da lui veduto nella libreria del senator Jacopo Soranzo in Venezia. Esso contiene i Viaggi del Polo, non divisi in libri, come poscia si è fatto, ma solo in capi} e sono scritti in un volgare e antico dialetto veneziano che ha tutti i caratteri di originale. \ i si premette il prologo di un altro scrittore anonimo nel medesimo dialetto, in cui dopo aver dette più lodi del Polo si